Comunità di Granaglione - 1547




Millecinquecentoquarantasette, indizione quinta, 5 settembre, al tempo di papa Paolo III (Alessandro Farnese). [N.B. Zanini e Giacomelli, ma in generale le comunità di Capugnano e Granaglione, pur non senza gravi contrasti interni, aderivano da molto tempo alla politica antimedicea e tendenzialmente repubblicana che ora si incarnava in Paolo III Farnese. Ignoro quale fosse la specifica collocazione dei Lenzi) Angelo q. (quondam = del fu) Giovanni (?) massaro del comune di Granaglione, Marco Menegozzi (de Menegotiis), Bertolino q. Pasqualino, consiglieri del detto massaro, Battista q. ?, Pietro q. Tommaso, Giovanni q. Galeazzo, ? q. ?, Enea q. Giacomo, Mideo (= Amadeo) q. Gualando, Stefano q. Giacomo di Lippo, Giacomo di Domenico dagli orti (= Lorenzini), Bernardo ? q. Nero, Giacomo q. Geminiano, Pietro q. Spagnolo, Colò q. Domenico, Zagnolo q. signor Gaspare dagli orti (= Lorenzini), Marco q. Damiano, Meo (=Bartolomeo) q. Meo; Pietro q. Giacomo di Lippo, Angelo q. Giacomo detto lo Spagnolo, tutti della villa delle Capanne del comune di Granaglione, contado di Bologna; Serafino q. signor Nicolesio; Matteo di Antonio, Taliano di Ghello (= Ughello?), Marco di Grenio ?, Tonio di Marcone, Luca di Menegozzo, Ms. (=messer) Matteo Vivarelli, Ventura q. Giovanni di Ventura, Marco q. Brizio, Giovan Battista di Gasperino, Martino q. Serra, Peregrino di Marchione, Giancarlo Parlata?, Zanino di Menegozzo, Gabriele q. Nanni, Giacomo q. Mariotto di Nascio, Salvatore q. Nascio, Agnolo del Riccio, Corsino q. Giacomo, Salvatore q. Sonnino, Marco Antonio Macciantello, Giovanni di Luca, Carlotto q. Giacomo Carlozzo, Giusto ? q. Giovanni, Antonio q. Ursino, Natale q. ? di Guanzone, Giovanni di Nicolesio, Giovan Battista q. Giusto di Santino, Pietro Agnolo q. Matteo detto Trono, Battista q. Benedetto detto il Chiergo (= il chierico, ciò che potrebbe attestare una persona che aveva gli ordini minori o forse anche soltanto una certa istruzione o che si atteggiava a istruito), Marco di Giovanni di Pedronzello, Marco q. Giacomo Carlozzo, Antonio di Zanello, (Bar)to(lo)meo e Pietro, fratelli e figli del q. Biagione, Serra q. Andrea detto Fornaciaio, Stefanino q. Filippone, Battista di Antonino, Betto (= Benedetto) di Zanello, Nicolò di Betto di Janni, Pirrino q. (E)vangelista, Matteo di Giusto di Santino, Bart(olomeo) q. Lenzo, Marco di Martino, Bastiano di Lolo, Franco di Giusto, Giovanni Maria di Mazantello, Bastiano q. Giovanni Bragalla, Pietro della Lucia, Serafino Barzi ?, Seriolo q. Biagione, Ercole q. Bastiano Taruffo, Giuliano q. Zanello da Lustrola, Paolo detto Vitello, Malavista di Baionzello, Pistorese di Peregrino di Pistorese, tutti della villa e comune di Ganaglione predetto (....) Per convocazione del massaro congregati e adunati nella chiesa di S. Lorenzo di Lustrola, dove sono soliti congregarsi in arengo per provvedere alle necessità del comune, tali uomini furono e sono la maggior parte degli uomini e capifamiglia del comune e di gran lunga più dei due terzi degli uomini predetti, che hanno sempre rappresentato e rappresentano tutto il comune anche perché formalmente convocati al suono della campana secondo l'uso solito e specificamente convocati in rappresentanza di tutti gli uomini di detta terra, dopo lungo e maturo colloquio su tutti e i singoli problemi proposti dal massaro, uditi i consiglieri e diversi uomini su ciò che si debba fare in utilità del comune e per la liberazione degli uomini che sono detenuti e incarcerati dal magnifico capitano (della montagna) di Vergato circa i numerosi e diversi debiti riguardanti il comune. Perciò, costituiti davanti a testimoni ed a me notaio, spontaneamente e per loro certa scienza e con volontà deliberata, non indotti in errore di diritto o di fatto, per sé ed i loro eredi e successori, elessero, fecero, costituirono e solennemente ordinarono Giovanni di Luca detto Capello, Pietro q. Biagione, Serafino q. Menegozzo, mastro Matteo Vivarelli (de Vivarellis), Cristofaro q. Antonio del Vecchio, Bertolino q. Pasqualino, Battista q. Benedetto detto Il chierico, I quali tutti sono presenti, accettano e promettono di fare tutte le cose necessarie e opportune per l'utilità del comune, pena 10 ducati ciascuno, come meglio potranno, e li fanno loro veri, legittimi e indubitati procuratori e agenti e specificamente per saldare e ricalcolare tutti i debiti che il massaro e gli uomini del comune ebbero ed hanno nella città di Bologna per il taglione, la tassa dei cavalli (ossia "le cavalcate" criminali di vicari, bargelli e sbirri scaricate sui comuni), il salario dei vicari e del magnifico conte della terra dei Bagni della Porretta e in generale per tutti e ciascun debito che li riguarda, anche con diverse persone dello stesso comune e per diverse cause. Di tali debiiti si farà una lista o sommario  su cui si stabilirà un'imposta o colletta entro un mese a cominciare da oggi, idonea e sufficiente come sembrerà opportuno e sufficiente a detti procuratori per saldare tali debiti, e successivamente per vendere e alienare tale colletta al signor Giovanni dall'Olio (sicuramente un cittadino, probabilmente un mercante - banchiere operante anche nel porrettano) o ad altre persone che volessero comprarla, al prezzo e coi patti, modi, capitoli, condizioni e tempi che ad essi procuratori sembrerà opportuno e piacerà. I detti costituenti (ossia massaro e uomini di Granaglione) danno e concedono a detti loro procuratori il pieno, libero, generale e assoluto mandato, con piena libera e generale facoltà di fare ogni e singola cosa circa tali cose e  davanti al notaio stipulante con autorità pubblica e promettono che in futuro e perpetuamente considereranno cosa gradita tutto quanto i procuratori avranno fatto in proposito, ipotecando e obbligando a loro garanzia tutti i loro beni mobili ed immobili, presenti e futuri. Stipulato nella villa di Lustrola, comune di Granaglione, contado di Bologna, nella casa di Taliano q. Zanello da Lustrola, testi i venerabili don Martino, figlio del detto Taliano, rettore della chiesa di S. Michele di Capugnano, don Pellegrino Vivarelli, cappellano di S. Nicolò di Granaglione, e Battista detto Valli pure di Granaglione, i quali dissero di conoscere bene tutti i contraenti. Io, Sante q. Pellegrino Capponi notaio pubblico, imperiale e del comune di Bologna, che fui presente a tutte le cose predette e fui richiesto di scriverle e le scrissi pubblicamente e in questa pubblica ed autentica forma, in fede, forza e testimonianza di che mi sottoscrissi col nome e col mio consueto sigillo notarile.

(Da: Documento concesso da Archivio Generale Arcivescovile di Bologna a Francesco Lenzi)



 
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